lunedì 16 gennaio 2017

Più soldi senza saldi

Non so voi, mai io - prima di diventare minimalista - aspettavo i saldi con ansia.

Potrei scrivere un post lunghissimo e alla fine potrei autogiustificarmi e voi potreste fare le stesso, dicendo i soliti: sì, ma io compro solo cose che mi servono davvero in saldo! Vabbè, ma mi avvantaggio sui regali di Natale/compleanno/questoequello. Ok, ma era scontatissimo!

Queste scuse le conosciamo tutti e nel 99% dei casi sono proprio quello, SCUSE.
Poi ci sarà quella persona ogni 100 che davvero aspetta i saldi per fare un acquisto mirato ed intelligente, ma inutile ingannarsi, tanti di noi corrono a fare shopping in questo periodo per il gusto di risparmiare, lo stress post-vacanze o con i buoni propositi di gennaio in testa di dimagrirò e quindi potrò mettermi questi jeans.

Non vado ai saldi da ormai 5 o 6 anni, ma anche prima li trovavo piuttosto deludenti.
Mi facevo una bella lista a novembre di ciò che poi avrei voluto comprare in saldo, però puntualmente poi non trovavo più quegli articoli e finivo irremediabilmente per comprarne altri.

Il mio ultimo bottino risale al 2010 credo, quando presa dalla frenesia Bershka/Zara/Mango avevo comprato ben 3 paia di jeans. Di una taglia più piccola di ciò che portavo all'epoca, perché mi ero giusto segnata in palestra per cominciare bene l'anno e quei jeans mi sarebbero entrati prima o poi.
Erano in effetti un affarone, prezzi sui 5-7euro (50-70% di sconto) ma sono ancora lì, nel mio armadio, con tutta l'etichetta.

Li avevo comprati che neanche mi convincevano tanto, ma erano così economici, come farseli scappare?

Ho provato a rivenderli, ma non ci sono riuscita e così per ora li tengo ancora lì, a monito dei miei errori.  
In realtà credo che prossimamente cercherò di barattarli e se proprio non ci dovessi riuscire, li regalerò.
Ho un mezzo armadio ancora pieno di un centinaio di cose che non metto e il mio obiettivo era eliminare tutto per luglio.

Il succo della questione è però proprio evitare i saldi in toto.
Toglierseli dalla testa, scegliere un'attività alternativa.
Dare un'occhiata all'armadio (o alla propria memoria) e fare il calcolo dei soldi spesi in cose inutili comprate in saldo.

Io ricordo, come esempi eclatanti (oltre ai 3 jeans):
- un toppino che lasciava scopertissimo l'ombelico (non porto cose corte) - 3 euro
- una gonnellina effetto palloncino (mi stava malissimo) - 3 euro
- un cappello a righine (ce l'ho ancora) - 2 euro
- delle magliette del pigiama Oysho, fibra sintetica (che io odio) - 3 euro ciascuna
- una felpa taglia XXXL (ci entravano 5 me!) - 5 euro
- scarpe da ginnastica numero 42 (io porto 39-40) - 10 euro

Perché ho comprato queste cose? SOLO ed esclusivamente perché erano in sconto. Però non le ho mai usate, quindi facendo i calcoli non ho risparmiato un bel niente, ho sprecato 50 euro mie, più i materiali, energie, forza lavoro, spese di trasporto, risorse naturali ecc che sono serviti per produrle.

Se proprio volete concedervi qualcosa durante i saldi, perché associate la sensazione di spendere con benessere, relax, antistress ecc, usate i soldi per andare alle terme, a cena fuori, al cinema, fatevi fare un massaggio, fate una gita fuori città.

Pochi giorni fa passeggiavo con un'amica lungo un viale pieno di negozi e mi faceva così strano vederla buttare gli occhi sulle vetrina, con lo sguardo di un leone a caccia e la fronte corrugata. Quella stessa amica che ha una casa con gli armadi che strabordano e che spesso riconosce che vorrebbe buttare tutto via.

 E se proprio volete approfittare dei saldi, non comprate straccetti da due soldi, cominciate a riflettere su acquisti più etici, a lunga durata, di prodotti che dureranno tutta la vita, di stili che non passano di moda, di materiali che vi piacciono e non si rovinano dopo due lavaggi. 

Siate presenti nel momento, evitate di buttarvi nel vortice del negozio dopo negozio, rifuggite i centri commerciali. 

Poi passa, se ne esce. Ve lo assicuro!




 

sabato 3 settembre 2016

La verità sul riciclaggio del vestiario

È da un po' che rifletto sul tema dei vestiti che non metto più.
Li scambio, li regalo, ma ce ne sono alcuni che sono davvero troppo rotti o troppo usati per recuperarli.
E penso: esisterà un centro di recupero e riciclaggio fibre tessili?

Ci penso e poi me ne scordo.
Oggi però sono incappata in questo articolo qui, che parla proprio di questo tema.
Il fashion veloce sta creando una crisi ambientale.

Avete partecipato alla campagna di H&M : La moda non merita di finire nei rifiuti?
Sarebbe un'ottima trovata, no? Porti i tuoi vestiti usati di qualsiasi marca, in qualsiasi condizione. E loro ti danno un buono da spendere nei loro negozi. In teoria i vestiti così raccolti vengono riutilizzati, recuperati o addirittura usati per produrre energia.

Ma nell'articolo sopracitato un portavoce di H&M ammette che "Only 0.1 percent of all clothing collected by charities and take-back programs is recycled into new textile fiber" ... solo lo 0.1 % dell'abbigliamento raccolto dalle organizzazioni benefiche e dai programmi di restituzione è reciclato in nuove fibre tessili.

0.1% ... cioè un capo ogni mille!

Che fine fanno gli altri 999 capi?

- Vanno alle discariche e producono, decomponendosi, metano e gas che causano l'effetto serra

I capi naturali non si trasformano però in compost, perché a differenza degli scarti alimentari, le loro fibre saranno state trattate, stampate, colorate, insomma avranno passato vari processi chimici.
Quelli fatti di fibre sintetiche, dunque essenzialmente PLASTICA, ci metteranno centinaia di anni a decomporsi.

Allora, direte voi, meglio metterli nei contenitori di raccolta vestiti o darli alla Caritas o rivenderli a un negozietto di seconda mano. E mettersi a posto la coscienza, no?
NO!
Di questi capi di abbigliamento solo una minima parte finiranno a persone che davvero ne hanno bisogno o saranno effettivamente venduti per continuare il loro ciclo d'uso.

Una gran quantità di vestiario proveniente dai nostri Paesi ricchi, compattato in balle, verrà inviato in Africa, sommesa da donazioni di abiti di pessima qualità, che invadono e sovvertono le economie locali, o in India, agli inceneritori che inquinano aria ed acqua.



L'unica soluzione è smettere di comprare. Ma come, e tutti gli operai e le commesse rimarranno allora senza lavoro mi ribattono. Beh, quello è un altro problema che deve essere affrontato a parte.
Non possiamo mantenere un ciclo di consumo e distruzione se il riciclo virtuoso non esiste.
Non possiamo chiudere gli occhi davanti a questa catastrofe, il nostro pianeta non è usa e getta, non possiamo comprarne un altro in saldo.

Scegliete capi che durino, che vi piacciono davvero, non comprate solo perché ci sono i saldi, perché intanto costa solo un euro, perché me lo metto quando dimagrisco.
Imparate a cucire, a modificare, ad abbinare.
Date un'occhiata a pagine come BUY ME ONCE (comprami una sola volta), che si stanno espandendo internazionalmente e  che garantiscono che i loro articoli dureranno una vita.

E non usate lo shopping come valvola di sfogo per frustrazioni e arrabbiature, come contentino, come ricompensa del fine settimana.
Coi soldi così risparmiati io viaggio, vado a mangiare fuori, compro prodotti alimentari di migliore qualità.
Insomma, l'economia continuerà a muoversi anche se dite no alla centesima maglietta di Zara.

(Se parlate inglese ascoltate questo)




sabato 5 marzo 2016

Mini case

Non so voi, ma il mio sogno sarebbe vivere in una minicasa.

Non so neppure come ho scoperto il tiny house movement.

Forse cercando video per le mie lezioni e un tema di conversazione diverso dal solito.
Forse perché da piccola il mio sogno era la casetta su un albero, rimpiazzata da una casetta di legno in terrazzo, costruita da mio nonno e sfondatasi sotto il peso della neve.

Forse perché l'avere poco spazio ti obbliga necessariamente a riflettere su come riempirlo e a trovare soluzioni creative per vivere al (massimo con il) minimo.

Mi ricordo però che il primo video che ho visto è stato questo qui.



E il nucleo di tutte le interviste a proprietari di minicase che ho poi ascoltato è fondamentalmente uno:

la casa deve essere pratica e comoda, un luogo di relax e pace.
Non deve essere una prigione o un ciclo infinito di pulisci, metti a posto, trova spazio, riordina.

Anzi, più la casa è a misura giusta e priva di inutili fronzoli, più si avrà voglia - E TEMPO - di passare le proprie giornate fuori, a fare sport, a passeggiare, a sfruttare al massimo le ore libere.

Voi ci vivreste in un posto così?

Io in quel miniappartamento no, non è del mio stile e credo che ognuno debba analizzare e capire qual è il proprio concetto di comodità.

Vivrei piuttosto in un posto così.


Ho proposto questo video in classe l'altro giorno e - come c'era da aspettarsi - nessuno sceglierebbe questa minicasa come residenza permanente, al massimo un mese, dove metterei tutte le mie cose? e se litigo con il mio compagno dove vado a sbollire?

Domande interessanti, che fanno riflettere sulle nostre priorità.



giovedì 3 marzo 2016

Ultimatum minimalista

Mi sono data un ULTIMATUM.

Non so se può funzionare come strategia perché ho scelto una data abbastanza lontana e tenerla presente per non ridurmi all'ultimo momento non so se sarà facile.

LUGLIO 2017, ecco, rendendolo pubblico forse funziona meglio.

Per quella data voglio ridurre al 30% ciò che possiedo.
Eliminare dunque 7 cose su 10.

Ho scelto una data simbolica. Saranno 10 anni che vivo nella stessa casa.
Di cui un terzo di accumulo e due terzi di sfoltimento.
Detta così rende l'idea di quanto tempo si perde appresso alle cose, no?

Il mio ordine di sfoltimento (già cominciato da un po') è il seguente:

- cartacce
- cose inutilizzabili o rotte (portate negli appositi punti di riciclaggio)
- cose da poter donare per mercatini di beneficienza (ho fatto fuori due buste di ninnoli, oggettini, quadernini, spillette, calamite)
- vestiti da poter regalare a persone che conosco
- oggetti da abbandonare nell'armadietto di bookcrossing e non solo che ho messo su al lavoro (meno i libri, tutto il resto vola via!)
- cose vendibili
- oggetti barattabili in cambio di cibo

Per ora ho proceduto così, un po' alla rinfusa, ma più o meno rispettando queste categorie.

Ora c'è la fase vendita di cose che tenevo perché non si sa mai, mi potrebbero essere utili per lavoro.

Sono quasi tutti libri, e non faccio più neanche lo stesso lavoro! L'attaccamento è più emotivo che altro, certi non li ho neanche mai usati. Dunque la nuova regola è: se sento in giro che qualcuno ne ha bisogno e vuole comprarseli in un negozio, offro ciò che ho io a prezzo basso e dono in beneficienza i soldi.

Vediamo se si smuove qualcosa.

Ho la fortuna di vivere in una città piccola e di avere parecchi contatti in tanti settori. Quindi sono più fortunata di tanti altri. DEVO approfittarne.

Ce la farò?



 


domenica 21 febbraio 2016

Libro #1: Il magico potere del riordino - Marie Kondo

Essendo diventata minimalista un po' per caso, non avrei mai pensato di trovare così tanti libri su questo argomento. Poi di link in link ho cominciato a vedere ripetersi gli stessi titoli e gli stessi autori e ho pensato che, oltre a seguire varie pagine facebook e twitter di minimalisti, forse avrei potuto scovare consigli anche in pubblicazioni più lunghe e consistenti.

Marie Kondo l'ho sentita nominare per la prima volta in Italia, poi però ho visto il suo libro un po' ovunque in giro durante i miei viaggi. E dato che sono in fase avanzata di riordino, ho pensato che qualche consiglio in più non avrebbe mai fatto male. 

Il libro io l'ho letto in inglese e forse la resa sarà leggermente diversa rispetto all'italiano.
A volte il tono mi è sembrato arrogante e freddo, altre molto naif ed eccessivamente spirituale, in alcune occasioni mi sembrava di leggere il diario di una persona affetta da disturbi ossessivi-compulsivi.
Bisogna tenere a mente che comunque si tratta di un'autrice giapponese e che quindi varie delle cose che scrive sono impermeate di cultura ed abitudini giapponesi.

In ogni caso qui voglio soffermarmi sugli aspetti che mi sono sembrati utili

1) Trovare un posto fisso per le cose che si possiedono e rimetterle sempre al loro posto quando si finisce di usarle.
È vero, verissimo ed utilissimo. Io ho un posto fisso per circa il 70% delle mie cose: chiavi appese accanto alla porta da quando vivo in questa casa, vitamine da prendere di mattina sul comodino, fotocopie e libri che uso al lavoro in una parte specifica della libreria. E allora le prendo e le rimetto a posto in automatico. Poi c'è quell'altro 30% di cose che vaga per casa. Non mi ero mai resa conto che sono proprio quelle cose che creano il senso di accumulo (vestiti sulle sedie, bottigliette d'acqua, penne e pennarelli, cose che mi vengono date o regalate), perché i miei occhi le registrano come disordine, non avendo un posto proprio a cui tornare.

Tidying is a special event. Don't do it everyday.
Pulire è un evento speciale. Non farlo tutti i giorni.

Così sto mettendo in pratica il consiglio e trovando un posto fisso anche agli oggetti vaganti. 
Giacca e sciarpa sempre appese a un gancio dietro alla porta. Ciabatte sempre accanto al comodino. Fogli extra tutti in una cartellina sulla scrivania.
Risparmio di tempo garantito. È solo questione di abitudine.

2) Ci sono due tipi di persone: quelle che non riesco a buttarlo e quelle che non lo rimetto a posto

Io, lavorando sul punto precendente, sto passando da un mix di entrambe le categorie a solo la prima. Credo sia più facile trovare posto alle cose che buttarle, che mi sembra una decisione a volte molto difficile. Ci devo lavorare! Voi di che tipo siete?Analizzare se stessi e le proprie abitudini prima di cominciare il processo di riordino e smaltimento è necessario a capire qual è il nostro rapporto con le cose e con noi stessi.

3) Visualizzare il proprio stile di vita ideale, la propria casa ordinata.
E poi, prima di cominciare tutto il processo di selezione di ciò che resta e ciò che verrà eliminato, bisogna chiedersi perché, perché, perché. 
Perché mi immagino che di sera vorrei arrivare a casa e sedermi sulla poltrona in veranda e bere una tisana e leggere? Perché mi immagino di avere abbastanza spazio nella mia stanza da letto per fare un po' di stretching o yoga?  Perché vorrei avere tutti gli ingredienti di cui ho bisogno per cucinare ben visibili in cucina?

Bisogna chiedersi 3-5 volte perché. Per ogni desiderio di vita perfetta.
Voglio sedermi in veranda di sera per rilassarmi dopo un lungo giorno al lavoro. Perché voglio un momento di stacco silenzioso, dopo una giornata fra la gente, in un angolo mio. Perché ho bisogno di mezzora di transizione prima di andare a letto. Perché voglio dormire bene e non voglio essere stanca la mattina dopo.

Il punto, spiega la Kondo, è arrivare a capire come - mettendo in ordine e liberandoci di cose - si può arrivare ad essere felici. Poi si è pronti per iniziare il processo di liberazione.

4) Il processo di liberarsi delle cose che descrive l'autrice mi sembra un po' troppo esagerato e mistico per quello che è il mio carattere. Toccare le cose, accarezzarle, vedere se sprizzano gioia non fa per me. Anche perché conoscendomi so che ci sono cose che in questo periodo magari non mi interessano o non mi provocano felicità, ma fra qualche mese potrebbero di nuovo essermi utili, aiutarmi in qualche modo.
Però mi è piaciuta una frase:

We should be choosing what we want to keep, not what we want to get rid of.
Dovremmo scegliere cosa tenere, non di cosa ci vogliamo liberare.

Ci sono cose che istitivamente sappiamo di voler avere nella nostra vita. E di solito sono le cose che usiamo di più. Se sono in eccesso spesso finiscono addormentate in un armadio e perdono il loro potere di renderci felici. A questo punto meglio averne meno e ben organizzate e accessibili, usandole e apprezzandole davvero. Tutte le nostre cose in un modo o nell'altro dovrebbero apportare felicità alla nostra vita.

5) L'ordine in cui si deve realizzare lo sfoltimento: prima vestiti, poi libri, carte e incartamenti, roba varia e infine i ricordi. 
Decisamente utile. Se si comincia dai ricordi - cosa che in molti fanno, trattandosi di roba vecchia - non si procederà. Anche se il libro a volte da l'idea che il processo si realizzi velocemente, poi si vede che ci si possono mettere 6 mesi e una volta seguiti tutti i passi consigliati non si tornerà più indietro.

Per alcuni può essere un'impresa titanica, io personalmente essendo anticonsumista so già che quando avrò finito il mio processo di smaltimento non ne comincerò uno nuovo di accumulo, quindi personalmente il metodo consigliato non fa per me, ma chi ha bisogno di un ora o mai più, tutto o niente, potrà probabilmente apprezzarne di più la radicalità.

Sono d'accordissimo con l'autrice che una volta abbracciato il cammino dell'ordine e del minimalismo tanti altri aspetti della nostra vita possono cambiare: perdita di peso, migliori relazioni, più concentrazione, meno tempo perso, miglioramento nella capacità di comprendere ciò che davvero ci piace, meno shopping compulsivo per soddisfare necessità altre.

Insomma, anche se mi aspettavo più consigli su come mettere in ordine, l'obiettivo del libro in realtà è proprio farci rendere conto che se si possiedono solo il numero giusto di cose e se a tutte si assegna un posto determinato, la necessità di mettere in ordine di continuo sparirà!

Buona lettura!


mercoledì 10 febbraio 2016

Addio al prima o poi

Nel mio caso una delle trappole fondamentali del consumismo era l'illusione del prima o poi, anche conosciuto come uno di questi giorni, non appena avrò tempo, durante le vacanze e compagnia bella.

Tutte proiezioni di futuro basate su un'idea della futura me con più tempo, più creatività, più organizzazione, più voglia di fare, più spazio, più più più.

Come descritto perfettamente da Kelly McGonigal nel libro The Willpower Instinct:

We look into the future and fail to see the challenges of today. This convinces us that we will have more time and energy to do in the future what we don't want to do today. We feel justified in putting it off, confident that our future behaviour will more that make up for it.

(Guardiamo al futuro e non ci rendiamo conto delle sfide dell'oggi. Ci convinciamo che avremo più tempo ed energie per realizzare in futuro ciò che non vogliamo fare oggi. Ci sentiamo giustificati a posporre qualcosa, fiduciosi che il nostro comportamento futuro basterà per compensare)

Prima o poi avrò tempo di andare in montagna a passeggiare con questi nuovi scarponi.
Basta perdere 5kg e questi jeans mi entreranno.
Un altra borsa potrebbe sempre servirmi.

Ma quanto sono belle queste penne colorate, e poi costano solo ...

La mia perdizione? Le cartolerie.
Non potevo resistere al richiamo di penne di mille colori, pennarelli, astucci, quaderni, matite.
Carta da lettere, temperini, fogli. Agendine, blocchettini, post-it. Brillantini, adesivi.

Sì, mi piace scrivere, sì, mi piace disegnare e decorare.
Ma diciamoci la verità, per finire una penna (e che soddisfazione quando se ne riesce a finirne una senza perderla!) ci vogliono mesi. L'occasione per usare penne glitter di 32 colori è difficile da trovare. Per finire tutti i quaderni che ho e che avrei voluto comprare dovrei fare l'amanuense a vita.

Questi oggetti apparentemente utili invecchiano e non sono più utilizzabili.
I quaderni ingialliscono, i pennarelli e le penne si seccano, le gomme si sbriciolano.

Proprio ieri ho deciso di dedicare 20 minuti del mio tempo a buttare tutte le penne che non scrivevano più. Ecco il risultato.



Penne mai usate e conservate per più di 5 anni.Non ricordo quando le ho comprare o chi me le ha regalate. so solo che buttarle non è stato certo piacevole. E ho ancora un astuccio pieno di altre penne e pennarelli vari. Che scrivono più o meno.

E allora basta, non ne compro più.
Voglio finire la penna che sto usando ora,  tutta fino alla fine, come alle elementari, quando finita una mia mamma me ne dava un altra.

Ma che vuoi che sia una penna? Solo pochi centesimi, no?
Ecco, se mi mettessi a sommare gli euro di cose non usate e diventate inutilizzabili mi ci potrei comprare un biglietto aereo per un viaggio oltreoceano.

E poi si può cominciare con piccoli gesti ed abitudini e poi applicarli ad altri ambiti.

Altri amanti delle cartolerie fra noi?



giovedì 28 gennaio 2016

Come continuare # 4 (regali indesiderati)

Quando infine ho ammesso a me stessa che il minimalismo era la mia strada, non avevo certo pensato a come avrebbero reagito gli altri.

Sono circondata da persone moderatamente consumiste, amanti dello shopping da fine settimana, con case decisamente troppo piene di oggetti di cui non ricordano l'esistenza.

Fortunatamente già da anni non ricevevo tantissimi regali, fondamentalmente solo dai miei genitori, da cugini, da qualche amica. In particolare con un'amica avevamo la tradizione di scambiarci una scatola di regalini: penne, quadernini, decorazioni ecc.

Potete immaginarvi che accumulo in 20 anni di amicizia.
All'inizio tutte queste cosine le amavo anche io, erano come parte della mia personalità in evoluzione, come a dire: io sono quella a cui piacciono (i gatti, le tazze, i blocchetti, le penne colorate ecc).

Ma quante di queste cose effettivamente potevo consumare in 6 mesi? Da Natale a compleanno, da compleanno a Natale? Dove mettere tutto il non consumabile?

Così, nonostante io fossi già minimalista e non comprassi più nulla, ho continuato per un paio di anni a ricevere questi pacchi e a cercare di trovare una soluzione gentile per farle capire che era ora di cambiare tradizione.

Fortunatamente mi ha aiutata il fatto di essere diventata vegana. Da quel momento in poi, a costo di sembrare un po' sfacciata, ho detto gentilmente ma chiaramente che avrei preferito non ricevere più oggetti, ma cibo o prodotti per il corpo.

Dato che trovare prodotti vegani non è comunque ancora facilissimissimo, la caccia al regalo continua ad esserci, ma ricevo shampi, creme, pacchi di biscotti, spezie, tutte cose che uso e che smetteranno di occupare spazio una volta esaurite.

Certo non è stato facile, certo non tutti sono vegani.
Ma ci sono vari modi per evitare di ricevere regali inutili, basta ingegnarsi.

Fra amici ho visto a volte l'equivalente del Secret Santa, ognuno pesca un bigliettino fra i nomi di tutti gli amici e quindi in un gruppo si fa un regalo solo a un'altra persona, secondo un budget prestabilito. 

In famiglia ho visto il regalo al contrario. Di nuovo di decide un budget uguale per tutti e con quei soldi la persona che riceverà il regalo va e se lo compra da solo, facendoselo pure incartare. Sarà poi la persona che glielo ha regalato che lo scarterà davanti al destinatario, una sorta di sorpresa rovesciata.

Donare generi deperibili può essere un'idea, ma certo nel mio caso per esempio specifico bene a tutti che il prodotto deve essere vegano (il primo anno ho ricevuto creme che non ho potuto usare) e credo che un po' tutti siano stufi di ricevere il solito bagnoschiuma che non hanno scelto. 

E allora ditelo, parlate, consigliate, scrivete wish list. 

Perché fra l'altro faciliterete la vita di chi vi vuole regalare qualcosa.
Non tutti (soprattutto se si parla di cugini che si vedono 1 volta all'anno) conoscono i vostri gusti e personalità, allora perché non indirizzarli?

Certo ci sono quelli che fare un regalo è un piacere, una sorpresa, una gioia ...
ma stanno riversando su di voi la loro ansia consumista.

Allora meglio gridare ai quattro venti che si è diventati minimalisti (anche se in evoluzione): io da una scatola piena di oggettini sono passata a riceverne una per 2/3 piena di cibo vegano ... e quest'anno solo un grembiule da cucina è finito nel gruppo dei regali da barattare o regalare a chi davvero ne ha necessità.

Se sei minimalista, DILLO!